Panino con crema di anacardi
succo di 1 limone
5 cucchiai di acqua
procedimento
Spesso mi viene chiesto come è composto un piatto vegano equilibrato. Per far sì che i nostri pasti siano sempre ben bilanciati io metto di norma in tavola sempre una fonte di carboidrati (pasta, cereali in chicco, pane, patate); una fonte di proteine (legumi, frutta secca); verdure (se riesco di due colori diversi, una cotta e l'altra cruda), una fonte di grassi (olio extravergine di oliva senza esagerare!) e non posso fare a meno del limone che uso per condire o che spruzzo nell'acqua da bere.
Sono una mamma che cucina e non una foodblogger. Fatta questa sincera e candida premessa vorrei annunciare che ho preparato la mia prima pizza, sì avete letto bene la mia prima pizza, durante il lockdown di marzo. Potete dunque inserirmi senza remore nella lista nera di quelli che sono ricorsi al lievito di birra come se non ci fosse un domani proprio in quei giorni di reclusione e che hanno mattarellato ingordamente almeno 3 volte a settimana vista la bontà dei risultati. Sia messo però agli atti che la fame di carboidrati è stata punita nel giro di poche goduriose infornate: la suddetta pizzaiola è lievitata insieme a tutti i suoi impasti. Triplicata nelle forme, quelle dei posti non giusti, ho messo a riposo la golosità e ho iniziato a correre almeno 20 km al giorno in sella alla mia bicicletta da camera. Sono una sportiva da soggiorno con serie tv come personal trainer. Dopo 3 mesi di intensa attività fisica la bilancia mi ha autorizzato a spostarmi in zona arancione. Insomma, c'è ancora da pedalare ma alla fine del tunnel vedo un po' di giallognolo. Sarà quello dei crauti?
ingredienti
1 cavolo cappuccioMio nonno era un cacciatore e un raccoglitore di funghi. Così mentre dal cielo cadevano fagiani e quaglie, funghi di bosco venivano affastellati nell'anticamera del risotto di sua moglie, una bellissima cesta di vimini. La piccola versione femminile di MacGyver, con accento ciociaro e mani da Nobel per l'Ingegneria casalinga e la Resilienza matrimoniale, era responsabile non solo dei primi piatti, ma pure della spiumatura della sfortunata selvaggina. Senza piume e organi interni i piccoli uccelli prendevano poi il volo del frigo prima di passare alla rotta del forno.
Era un'abitudine consolidata di famiglia, questa, come quella di tenere le stecche di cioccolato nell'armadio dei fucili. Non ho mai capito il perché di questo accostamento, di questa vicinanza. Mio nonno teneva chiuso a chiave l'orrore e il piacere, dicotomia che nelle sue mani diventava fierezza del più forte sul più debole, in quelle dei suoi nipoti un frutto proibito dall'alto tasso glicemico. Sta di fatto che quando le ante del grande mobile di legno venivano aperte il cielo stava per essere toccato. In un modo o nell'altro.
Mia nonna non capiva perché mi rifiutassi di mangiare fagiani e quaglie. Con il pollo e il maiale non storcevo il naso, non facevo la difficile, al contrario li gustavo in tutte le salse. «Non sono animali pure loro?», mi ripeteva. Questo refrain mi ha accompagnato tutta la vita, anzi, fino a un certo punto della mia vita. Di colpo, circa 11 anni fa, tutto mi apparve più chiaro: quel pollo e quel maiale meritavano di non essere mangiati, che l'onnivorismo era una reiterazione senza riflessione e sentimento, che l'orrore resta orrore mentre il piacere si nutre anche di valide strade alternative.
Tutti possediamo un armadio pieno di fantasmi e di errori, di stecche o di fucili, ma se a cadere nel nostro paniere fossero solo stelle?
La parola appartiene non solo alle persone. Gli alimenti raccontano il passato, il presente e il futuro di luoghi, habitat, comunità. Ci riferiscono dettagli sui terreni, sulle temperature, sull'acqua impiegata per nutrirli, sulla qualità dell'aria, sul sudore di chi si è chinato per raccoglierli o elevato per afferrarli. Dietro ogni frutto, talvolta, c'è una storia dalla sceneggiatura contorta e dal finale tutt'altro che lieto (ma noi crediamo nelle svolte da premio Oscar, giusto?).
Così anche quando si parla di “superfood” dovremmo porci qualche domanda: da dove provengono? Che tipo di impatto hanno sul territorio, sulle persone, sugli animali? Sì, perché i loro poteri supernutrizionali non li proteggono affatto dalle speculazioni del mercato o dallo sfruttamento generale di risorse ed essere viventi.
È il caso dell'avocado, tanto buono tanto bello tanto instagrammabile, che piace talmente a tutti che il mercato lo ha reso ancora più super: il suo giro d'affari è straordinario e la pandemia sembra non averlo messo in crisi. Anzi, il contrario. Tra gli ingredienti più ordinati a domicilio, registrando un incremento del +25% nel delivery di piatti c'è proprio lui, Super Avocado: nell'ultimo anno ne sono stati ordinati oltre 45 tonnellate in Italia, soprattutto nelle grandi città di Roma e Milano.
L'avocado fa gola non solo ai golosi. Il boom mondiale di questo frutto dalla polpa verde, ipercalorico ma ottimo antiossidante, ha scatenato in Messico gli appetiti dei cartelli della droga: per l'oro verde sono state uccise persone, il mercato ortofrutticolo è stato stravolto così come l'ambiente. In Cile la situazione non è molto diversa: contadini e territori sfruttati, fiumi e falde acquifere prosciugati, abitanti senza acqua diventata un bene di mercato soggetto a proprietà privata. Danni per tutti, tranne per le tasche dei grandi imprenditori agricoli.
A questa narrativa di soprusi è possibile mettere un punto indossando il mantello del super consumatore che si fa domande, che cerca risposte ed alternative, che sceglie frutta o verdura di stagione e a chilometro zero, che fa spesa consapevole ma non alle spese del pianeta e dei suoi abitanti.
Solo così avremo quella virata che ci consegnerà l'epilogo felice tanto atteso. A volte per essere straordinari basta un like al consumo giusto. Magari fatto sul sito di un'azienda agricola che produce avocado tra le pendici dell’Etna e il mar Ionio.
Per la Giornata della Gentilezza avrei voluto proporvi due albi illustrati che ho amato fin dalla prima lettura: “Lupo e Orsa”, scritto e illustrato da Daniel Salmieri per la casa editrice Il Castoro e “Cappuccino e Cappuccetto” con testo di Fulvia Degl'Innocenti e illustrazioni di Sonia Saba per Terra Nuova Edizioni. Avrei voluto, dicevo, ma l'orologio del tempo ha spostato le lancette della scrittura ad oggi, in questo sabato qualunque, un sabato italiano dalle temperature garbate e dalle mascherine distratte.
Il lupo e l'orsa di Salmieri appartengono alla poesia del bosco e ai piccoli miracoli della natura che li avvolge. Sono entrambi a passeggio in una nottata dal bianco scintillante. Vengono da parti opposte, non condividono la stessa tana e lo stesso destino, ma entrambi si fiutano da lontano. Si scorgono e si riconoscono nelle differenze sotto un bellissimo cielo che rilascia fiocchi di neve. Il libro racconta questo incontro da due angolature, da due musi distinti, da due giovani creature fatte per stare bene al freddo e al gelo. E in questo faccia a faccia dal naso lucido e nero il ghiaccio della diffidenza, della difensiva e dell'attacco si frantuma all'istante. Il cammino di Orsa e Lupo non è più solitario, le orme sono parallele, gli odori e le sensazioni condivise. Una civetta assiste al miracolo dell'amicizia che può tutto e che resiste alle varie stagioni della vita. Dopo il letargo i paesaggi non saranno più gli stessi, il bianco lascerà spazio a nuovi colori, il verde risveglierà il bosco e i suoi abitanti. Ma l'incanto dell'amicizia si rinnoverà ancora, lì dove tutto è nato, fra la saggezza degli alberi e la geografia dei cuori.
“Cappuccino e Cappuccetto” è invece un libro che si capovolge letteralmente. La storia del cappuccetto rosso più famoso del mondo viene riscritta, mentre le meraviglie del bosco restano le stesse. È qui che tutto cambia, è qui che il pregiudizio e la retorica della paura prendono un altro verso. Ai suoi margini vivono due “cuccioli”, entrambi hanno un dolce da consegnare alla nonna, entrambi sono stati allertati sui pericoli e sulle insidie del tragitto. A metà strada, lontani dall'estremo nord e dall'estremo sud del bosco, Cappuccetto e Cappuccino, curiosi di tutto e di tutti, si abbandoneranno alla scoperta e al gioco. Così, il lupacchiotto dal pelo color caffellatte e la bambina dalla mantellina sgargiante, finiranno per perdersi. Nel mezzo della foresta però non vi è traccia né di lupi cattivi, né di cacciatori crudeli. I due, come Orsa e Lupo, si ritroveranno nel valore dell'amicizia e insieme faranno strada.
Collegamenti utili
www.editriceilcastoro.it/libri/lupo-e-orsa-2/
www.terranuovalibri.it/libro/dettaglio/fulvia-deglinnocenti/cappuccino-e-cappuccetto
Ho manie di piccolezza. Mi piacciono i sassi, le foglie, gli origami. Mi piacciono gli occhi che non mentono, le dita che sfogliano, i piedini che calciano. Mi piacciono le parole semplici e gli haiku complessi, le chiavi che aprono ma non serrano, i coriandoli che volano, le frittelle che ingrassano. Mi piacciono le gocce di rugiada e le bolle di sapone. Sì, mi piacciono le piccole, le piccole grandi cose.