«Ci sono giorni più giorni di altri. Il 12 febbraio 2015 ho scoperto che presto saresti arrivata. Il 12 marzo ho visto e ascoltato il tuo cuore. Il 5 luglio ho ricevuto il tuo primo calcio. Il 22 ottobre sei nata. Dopo un anno, tra un pizzicotto e l'altro, continuo ancora a ridere con le nuvole».
Il 12 febbraio scrissi questo post sul mio profilo Facebook. Dodici mesi prima un bip modificò radicalmente le nostre vite. Eravamo seduti sul letto quel giorno, fra le mani lo smartphone e un'eccitazione piena di speranza. Poi la posta elettronica tuona l'arrivo della mail coi risultati: il cuore mi esce dal petto e si incontra con quello di Alessandro. Eravamo due metà pulsanti, sudaticce e confuse, talmente confuse da non capire che il valore delle beta era altissimo. Invece ero incinta, incintissima e già avevo fame per due. Di pasta e polpette, soprattutto. Ma non erano voglie le mie, ma un'ansia mista ad adrenalina che mi spingeva verso i carboidrati e i grassi. Così, dopo neanche due mesi di gestazione, ho accumulato 6 kg di morbidezza. A parte il peso in eccesso, le caviglie grosse, l'insonnia, l'Herpes Zoster, una dermatite pruriginosa... ho avuto una bellissima gravidanza!
Nell'arco dei nove mesi ho letto e approfondito le tematiche legate all'alimentazione vegetale per i bambini: cinquant'anni di letteratura scientifica hanno dimostrato che il menù “etico” è consigliabile, per i suoi risvolti salutistici, a qualsiasi età. Per questo è stato naturale farlo adottare anche alla nostra bambina. Una decisione che non poteva non suscitare perplessità, sia in famiglia, sia fuori. «Imponete a vostra figlia le vostre scelte!», ci siamo sentiti ripetere spesso. Ma se ci pensate bene, mettendo da parte pregiudizi e luoghi comuni, anche chi estende la dieta mediterranea ai propri figli, impone un regime, una scelta, una preferenza. E pure una tradizione, certo. A volte si tramandano meccanicamente usi e costumi familiari, sociali, culturali senza rifletterci troppo, senza mettere nulla in dubbio, accettando in automatico valori, consuetudini, pratiche che magari con il tempo non ci rappresentano affatto. Ma non possiamo sottrarci ad essere noi stessi e per farlo dobbiamo allenarci a diventare, giorno dopo giorno, scelta dopo scelta, la persona che vorremmo, anzi che vogliamo essere. Insomma: occorre sovvertire gli schemi per non subire le certezze di altri, un esercizio di libertà che ci auguriamo metta in atto anche la nostra Cecilia.
Pochi giorni prima della nascita della bambina, in qualità di futuro “genitore vegan”, sono stata intervistata da Giorgia Lodato per il Quotidiano di Sicilia. Clicca qui l'articolo
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